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L'Azienda
Quadro Socio Economico

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L’ormai tradizionale indagine proposta dall’autorevole quotidiano “Il Sole24Ore” colloca la provincia di Agrigento all’ultimo posto, per qualità della vita e benessere dei cittadini, fra le 107 province monitorate su scala nazionale. Il dato, sconfortante, è espressione delle lacune che affliggono il territorio sotto il profilo occupazionale, il tenore di vita, le dotazioni infrastrutturali, l’ordine pubblico, le iniziative socio-culturali ed altro ancora.

Principale fonte di reddito per la popolazione, almeno fino agli anni ’50, è stata l’attività agricola e quella artigianale. Ancora oggi tra i maggiori prodotti locali, nonostante l’endemica carenza d’acqua che interessa anche l’uso civile, va menzionata la coltura della mandorla (prevalentemente nell’hinterland del capoluogo), della pesca bianca di Bivona, dell’arancia di Ribera e del melone cantalupo della Piana di Licata. L’artigianato ha, come fiore all’occhiello, la pregevole produzione di ceramiche nella zona di Sciacca caratterizzata da una maestria che affonda le sue origini nel tempo.

Decisamente mutata dal secondo dopoguerra ad oggi la configurazione socio-economica della provincia. Protagonista del periodo in esame l’”esplosione urbanistica” presso tutto il territorio che, al positivo risvolto sul piano occupazionale, ha contrapposto la spesso selvaggia cementificazione sia dei centri urbani che delle zone costiere. La dilagante economia del benessere, cui il resto del Paese si è aperto in quegli anni, ha contagiato anche gli stili di vita, i consumi, ed i valori della popolazione agrigentina ma senza essere supportata da uno sviluppo industriale significativo. Esauritasi la possibilità occupazionale legata al settore edilizio, possibilità che si è avuta fino a quasi tutti gli anni ‘80, si è assistito, e si assiste, al fenomeno dell’emigrazione verso le regioni del Nord Italia o verso i paesi dell’Europa Occidentale. Peraltro lo stesso settore terziario pubblico che aveva permesso di assorbire per almeno quarant’anni il bisogno occupazionale, allo stato attuale, non può rappresentare più uno sbocco lavorativo rilevante.

Le trasformazioni che interessano l’organismo della famiglia (aumento dei divorzi, delle convivenze, dei matrimoni civili), l’aumento relativo del tasso di occupazione della popolazione femminile, con la conseguente maggiore richiesta di servizi di supporto alla famiglia, l’invecchiamento della popolazione, che produce l’esigenza di assistenza socio-sanitaria, l’aumento della presenza straniera, sono tutti fenomeni che si traducono inevitabilmente in mutevoli percezioni dei bisogni e delle domande rivolte al sistema pubblico.

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